Alongside parents and children – Al fianco di genitori e figli
Autore: Cristina Lavagnolo
Sono una pedagogista e psicomotricista italiana trasferitasi a Londra per motivi familiari.
Mi occupo di:
consulenze genitoriali;
superamento di difficoltà scolastiche e problemi comportamentali attraverso tecniche psicomotorie e/o ripianificazione del progetto educativo genitoriale;
sedute di rilassamento.
La psicomotricità può dimostrarsi un utile strumento per aiutare bambini e ragazzi ad acquisire un buon rapporto con il proprio corpo, in termini di padronanza, accettazione e apprezzamento delle sue potenzialità, come anche un buon livello generale di autostima riferito a tutta la persona nel suo complesso.
D’altra parte, il più importante fondamento della psicomotricità è proprio la sua visione di corpo e mente come parti integranti di un tutto, costantemente in connessione e dialogo tra loro. Il lavoro sul corpo, attraverso il movimento, permette l’espressione di sé in un contesto mai giudicante, anzi incoraggiante e che favorisce la scoperta dei propri punti di forza. Di fatto, è sempre su questi che ci si basa in terapia psicomotoria, valorizzandoli e facendone il punto di partenza per l’accettazione, prima di tutto e poi per l’apprezzamento dell’unicità e del potenziale della propria persona.
In psicomotricità, il corpo non è solo considerato dal punto di vista biologico o funzionale, ma come il risultato di una complessa dinamica che sta alla base della rappresentazione di sé. È l’espressione dell’evoluzione della persona e delle sue capacità, ma anche il mediatore delle relazioni sociali perché è attraverso il corpo che si vive e si interagisce con l’ambiente circostante, sia inteso come luoghi e situazioni che come ambiente sociale. Quindi, partendo da una positiva relazione con il proprio corpo, si può arrivare ad agevolare anche le interazioni con l’ambiente e con le altre persone. Il modo in cui una persona percepisce e si rappresenta il proprio corpo, ha un ruolo centrale in psicomotricità. Qualsiasi intervento psicomotorio passa attraverso il canale corporeo, considerato come un tramite attivo tra la persona e il suo ambiente. Attraverso la sintesi delle informazioni e delle immagini che provengono dall’esterno e di quelle che derivano dal proprio interno, si forma la coscienza di sé, sulla base della quale si costruisce la personalità dell’individuo.
La terapia psicomotoria, grazie alle specifiche modalità relazionali tra psicomotricista e paziente, permette a quest’ultimo di scoprire e mettere in risalto le sue potenzialità, trovando un equilibrio tra possibilità funzionali e desiderio di azione. Usando attività senso-motorie, percettivo-motorie e cinestesiche può, ad esempio, favorire l’autocontrollo volontario. Inoltre, l’esperienza del rilassamento, che è parte integrante della terapia psicomotoria, facilita il riconoscimento e il riequilibrio delle reazioni emozionali.
Per questi e molti altri aspetti ad essa intrinsechi, la psicomotricità, sia che venga applicata a scopo terapeutico che preventivo, può essere un valido strumento per superare, dove necessario, eventuali difficoltà di relazione con il proprio corpo e una distorta percezione dell’immagine di sé, aiutando anche a migliorare il proprio livello di autostima.
In ogni caso, è sempre utile per favorire il raggiungimento di un buon equilibrio tra corpo e mente e la costruzione di un’immagine di sé al tempo stesso realistica e valorizzante.
È sicuramente fondamentale insegnare ai propri figli il rispetto per le altre persone, per i sentimenti altrui come per le altrui proprietà; poi, naturalmente, anche per gli animali, l’ambiente e, non meno importante, l’osservanza delle regole, degli orari, dell’ordine… tutto ciò non si discute, ci mancherebbe! Però, credo che sia necessario, sia come genitori che, prima di tutto, come persone, considerare l’importanza di un altro degno destinatario del proprio rispetto, anzi forse il primo: se stessi!
Potrebbe sembrare che io voglia tessere le lodi dell’egocentrismo o, peggio ancora, dell’egoismo, ma non è assolutamente così. Il rispetto di sé è qualcosa di totalmente diverso dall’egocentrismo o dall’egoismo. Non si tratta di mettere se stessi al centro di un universo molto limitato dove il proprio interesse e la soddisfazione dei propri bisogni o desideri sono le sole cose che hanno importanza. Si tratta, piuttosto, di riconoscere e apprezzare il proprio valore, le proprie capacità e potenzialità, la propria specificità e unicità come individuo unico ed irripetibile; di conseguenza, di volersi bene e di sentirsi degni di rispetto, né più né meno degli altri. Questo vale sia sotto il profilo mentale e di personalità, sia per quello che riguarda il proprio corpo e il proprio aspetto fisico.
Possedere questa consapevolezza è molto importante nella vita per ottenere dagli altri il giusto rispetto e riconoscimento per il proprio valore. Non solo, un adeguato livello di sicurezza e autostima potrebbe anche fornire una maggiore protezione contro il rischio di subire emarginazione, bullismo o violenze (fisiche o psicologiche). Perlomeno, potrebbe aiutare a trovare il coraggio di difendersi e denunciare, perché avere una buona autostima può mettere al riparo dal subire la sudditanza psicologica nei confronti di personalità apparentemente più forti (anche se disturbate) e dal cadere nella trappola di ritenere l’accaduto addirittura una propria colpa, sentendosi erroneamente una persona incapace, inadeguata, non degna di rispetto.
Cosa potrebbero quindi fare dei genitori per evitare di incorrere in questi rischi e fornire, invece, al proprio figlio o ai propri figli gli strumenti necessari per strutturare una personalità equilibrata e fornita di una giusta dose di autostima, amore e rispetto per se stesso?
Per prima cosa, scegliere un modello educativo che sia rispettoso del bambino, dei suoi diritti e della sua individualità.
Evitare giudizi negativiche si riferiscano all’intera persona, invece che solo al fatto in questione e, ovviamente, parole che suonino come insulti. Anche le etichette sono assolutamente controproducenti: un bambino che si sente dire che è “sempre il solito pigrone” o “sempre il solito combina-guai”, finirà per fare sua quell’immagine e per comportarsi di conseguenza, senza nemmeno provare ad essere diverso da quell’etichetta impostagli.
Dare delle regole non dovrebbe basarsi su un’imposizione autoritaria, ma su spiegazioni calme e razionali. Non si tratta di dire “si fa così perché lo dico io” o “perché altrimenti ti punisco”, ma bisogna spiegare le motivazioni che stanno alla base delle regole e delle indicazioni di comportamento. Insegnare ai bambini il valore intrinseco delle regole e aiutarli a capirne le motivazioni, li porta a sviluppare dentro di sé il senso di ciò che è giusto e di ciò che non lo è. Inoltre, un bambino che sente di meritare il rispetto del genitore, perché questo gli dimostra di ritenerlo in grado di capire le sue spiegazioni e gli dedica del tempo, sarà più propenso a sviluppare una buona autostima e ad essere altrettanto rispettoso nei confronti degli altri.
Dare sempre un ascolto attento e rispettoso ai propri figli. Un bambino che si è sentito sempre ascoltato dai genitori, imparando ad apprezzare il valore delle proprie idee, dei suoi stati d’animo e delle sue emozioni, molto probabilmente farà lo stesso con gli altri e sarà più portato ad immedesimarsi, a provare empatia per gli stati d’animo altrui. Inoltre, forte del rispetto e dell’attenzione ricevuta, non si sottometterà facilmente alla prepotenza, ma sarà in grado di far valere la forza delle sue convinzioni e del suo senso di giustizia.
Insegnare la conoscenza, l’amore e il rispetto del proprio corpo oltre che di quello dell’altro. Per fare ciò, è importante dimostrare anche con i più piccoli e quotidiani gesti di cura e di valorizzazione, fin dalla prima infanzia dei propri figli, il proprio amore ed apprezzamento per loro. Non ha senso essere parchi con i complimenti, sia nei confronti del loro aspetto fisico che delle loro capacità, per il timore che, come si diceva un tempo, “diventino troppo vanitosi”! Amare anche la propria immagine esteriore, oltre che il proprio valore interiore e le proprie capacità intellettive, è un’importante fonte di sicurezza e autostima, nonché una protezione contro la voglia di mettersi alla prova in modi sbagliati e pericolosi. Chi ha sviluppato un adeguato ed equilibrato livello di amore e rispetto sia per il proprio corpo che verso la sua persona nella sua totalità, molto probabilmente ne avrà più cura e si terrà alla larga da rischi inutili. Prima di tutto, perché non si mette in pericolo ciò che si ama e si rispetta e poi, perché, quando si è sufficientemente consapevoli del proprio valore sotto tutti gli aspetti, normalmente, non si ha bisogno di dimostrare niente, né a se stesso né tantomeno agli altri.
Un genitore che senta il bisogno di essere sostenuto e guidato in questa sua azione educativa potrebbe trovare aiuto in un percorso di consulenza genitoriale; nel caso, invece, che ritenga che suo figlio possa aver bisogno di qualcosa che lo aiuti ad avere più rispetto di se stesso, più sicurezza e più autostima, oltre ad un migliore rapporto con il proprio corpo e la propria persona in generale, uno strumento ideale per raggiungere questo scopo è la psicomotricità. Nel prossimo articolo vedremo in che modo quest’ultima può aiutare.
Ho anche riportato la teoria secondo la quale l’attrazione per le immagini trasmesse in video avrebbe origine dal nostro processo evolutivo come esseri umani e ho anche spiegato come si crei un pericoloso effetto di rinforzo dovuto alla gratificazione data dalle scariche di serotonina che si verificano ad ogni traguardo raggiunto in un videogioco. Tutto ciò fa pensare che limitare il tempo che i bambini o gli adolescenti passano davanti ad uno schermo sia un compito arduo. In effetti, lo è! E lo è ancora di più ridurre questo tempo quando si è già arrivati a concederne troppo.
Chi ben comincia…
L’ideale, quindi, sarebbe partire con il piede giusto già dai primi anni di vita del bambino. Da 0 a 3 anni non dovrebbe entrare in contatto con nessun tipo di video perché in questa fascia d’età non c’è bisogno di una realtà virtuale, dato che si sta ancora facendo conoscenza con il mondo reale. Prima dei tre anni un bambino necessita di sviluppare le sue competenze interagendo con l’ambiente attraverso esperienze sensoriali che utilizzino tutti e cinque i sensi.
Come evitare l’attrazione fatale di smartphone e tablet? Molto dipende dall’esempio dato dai genitori: se questi si fanno vedere assorbiti dalla televisione, da un computer o da un telefono cellulare, sarà inevitabile che si accenda l’interesse per quei dispositivi nei loro figli. Sappiamo che a quell’età i bambini sono molto inclini all’imitazione, se vedranno spesso uno smartphone o un tablet in mano alla mamma o al papà finiranno per volerlo anche loro. Ovviamente, gli adulti hanno necessità di usare questi dispositivi e non possono evitarlo completamente. Vi suggerisco solo di essere il più discreti possibile: se riuscite, usateli meno che potete di fronte ai bambini e, per esempio, giratevi dall’altra parte se dovete rispondere a o fare una chiamata, nascondete le mani sotto a un tavolo se dovete inviare un messaggio… insomma, immaginate di essere adolescenti che vogliono evitare di farsi scoprire dall’insegnante a usare il cellulare in classe!
Come regolarsi, però, riguardo ai cartoni animati che riescono così bene a tenere tranquillo il vostro bimbo nei momenti critici? Fino ai due anni almeno sarebbero da evitare perché per il bambino sono solo immagini in movimento e suoni che non può contestualizzare e capire, con il rischio oltretutto che sviluppi un linguaggio basato sulla passiva ripetizione mnemonica di frasi assorbite da questi video, senza conoscerne il significato, a svantaggio di un vero linguaggio descrittivo e comunicativo.
Dopo i due anni, se proprio si vuole e se il bambino ha già sviluppato un livello di linguaggio adeguato all’età, si può iniziare con qualche cartone animato, adatto all’età, con immagini e ritmi molto tranquilli e rassicuranti. Però, non deve mai mancare la presenza dell’adulto che spiega e contestualizza le immagini, facendo anche domande al bambino su quello che succede nel video e sui personaggi, per tenerlo comunque ancorato alla realtà. Per fare un esempio, si può dire qualcosa del genere: “Che bello il coniglietto, vero? Cosa fa? Sta saltando?”. Fondamentale, in ogni caso, che i tempi di esposizione siano molto brevi, non più di 10 minuti consecutivi, per un totale massimo giornaliero di 15/20.
A quest’età, comunque, è sempre meglio, se possibile, intrattenerli con libretti da sfogliare e leggere insieme a loro e semplici attività di gioco manuale. Anche coinvolgerli nelle proprie faccende di casa può essere utile per tenerli occupati: in fondo loro sono sempre attratti da quello che stanno facendo mamma e/o papà. Per esempio, ci si può far passare la biancheria da stendere (almeno le cose non troppo grandi per loro), ci si può far aiutare a mescolare l’impasto di un dolce o gli si può dare un pezzetto di impasto del pane da lavorare o pasticciare… qualsiasi cosa, ovviamente non pericolosa, può diventare un’attività di gioco a quest’età.
Da 3 a 8 anni
in questa fascia d’età, mezz’ora di schermi video al giorno è il tempo massimo, ovviamente senza accesso a Internet. Queste sono indicazioni su cui sono d’accordo sia medici scienziati che pedagogisti e psicologi. La motivazione è che questa è una fase importante per sviluppare alcune capacità collegate all’immaginazione o alla motricità fine e per aumentare le competenze relazionali e sociali. Io allargherei questa fascia di età fino ai 10 anni, in considerazione di due fattori:
non tutti i bambini procedono con la stessa velocità nel loro percorso di sviluppo e maturazione;
al giorno d’oggi, già nella scuola primaria, i bambini usano tablet e computer per necessità di studio e ricerca di informazioni (senza contare la massiccia esposizione causata dalla pandemia da Covid-19 e dalla conseguente inevitabile didattica a distanza).
Le regole vanno stabilite prima, inutile, ad esempio, dire “Basta!” e magari arrabbiarsi con il bambino che sta guardando un video da troppo tempo se non gli abbiamo spiegato prima tempi e condizioni. Un modo molto pratico di fargli capire e rispettare il limite di tempo concesso è usare un orologio con sveglia o timer. Dopo aver impostato il tempo, gli si spiega che quando la lancetta arriverà alla posizione che scandisce la mezz’ora, l’orologio suonerà e vorrà dire che è tempo di smettere. Naturalmente, bisognerà prima spiegargli che stare troppo tempo davanti a uno schermo fa male ai suoi occhi e alla sua testa (con i più grandicelli si può anche usare il termine cervello e dare qualche spiegazione in più). Un discorso semplice e comprensibile da fare potrebbe essere il seguente: “So che a te piace tanto guardare i cartoni animati/giocare con il videogioco e che ti sembra di non stancarti. In realtà, anche se non te ne accorgi i tuoi occhi si stancano e la tua testa/il tuo cervello diventa sempre più stanca/o e pigra/o e così fa fatica a imparare cose nuove e interessanti.”
Se necessario, di fronte ad una eventuale opposizione, magari con crisi di rabbia e pianto, al momento di smettere, va accolta la sua rabbia e frustrazione. Però va anche ricordato con calma che c’è una regola di cui avete parlato e che lui ha accettato: “Lo so che non vorresti smettere di giocare perché ti piace tanto, lo capisco. Però, ti ricordi cosa ti ho spiegato? Eravamo d’accordo… ora ti senti un po’ triste e arrabbiato, ma se smetti subito domani potrai giocare ancora, altrimenti no. Dai che adesso facciamo un’altra cosa bella…”. E gli proponete un’altra attività piacevole che possa distrarlo e sollevarlo dalla momentanea frustrazione. È importante che, per quanto triste vostro figlio vi possa sembrare o per quante scenate possa fare, voi non cediate, pur sempre mantenendo la calma. Questo è fondamentale sia perché deve imparare che le regole vanno rispettate sia perché siete ormai consapevoli di quanto il concedergli tempo in più davanti agli schermi gli tolga in termini di salute fisica e mentale.
Altre strategie utili
È assolutamente importante evitare la presenza di dispositivi video nella camera dei bambini, anche quando sono semplicemente in carica. Inoltre, i momenti di gioco con questi strumenti devono avvenire in una stanza della casa in cui possano essere sotto il controllo di un adulto.
Può essere anche utile distinguere delle fasce orarie o dei momenti particolari della giornata in cui l’uso dei suddetti dispositivi è assolutamente escluso. Ad esempio, a tavola durante i pasti, durante riunioni o attività di famiglia, quando si esce per una passeggiata tutti insieme, … perché non è rispettoso verso gli altri componenti della famiglia, impedisce un vero dialogo e non permette di gustarsi la compagnia e le attività o il cibo.
È anche decisamente sconsigliabile, per i bambini che vanno già a scuola, dedicarsi ai videogiochi, o comunque ad attività con dispositivi video, prima di aver fatto i compiti. Questo perché, come ho già spiegato, l’attenzione e la capacità di concentrazione ne risulta penalizzata. Inoltre, l’uso di questi dispositivi tende a rendere più nervosi ed irritabili e, quindi, il loro uso è da evitare anche poco prima di andare a dormire.
Dando ai bambini queste regole e queste limitazioni, ovviamente accompagnate da spiegazioni adeguate all’età, li si porta (con molta calma e pazienza) a capire ed accettare di poter dedicare all’uso dei dispositivi video un lasso di tempo ridotto e circoscritto ad un preciso momento della giornata, ad esempio l’intervallo di tempo tra il completamento dei compiti e la cena.
Ho deciso di scrivere questo articolo per mettere in guardia quelli tra voi che non ne fossero ancora consapevoli rispetto alle conseguenze derivanti dall’uso di smartphone, tablet o videogiochi da parte dei vostri figli. Non mi riferisco tanto ai rischi legati alla navigazione in internet perché sono sicura che siate tutti genitori attenti e che prendiate tutte le precauzioni necessarie. Quello che mi preoccupa è l’effetto negativo che tempi prolungati passati davanti a un qualsiasi tipo di dispositivo video (incluso quindi il televisore) hanno sul corpo, sul cervello, sulle emozioni e sul comportamento di bambini e ragazzi.
Perché è così difficile distogliere bambini e ragazzi da qualsiasi tipo di video?
Come molti di voi avranno notato, qualsiasi tipo di video ha una forte e praticamente irresistibile attrazione sia sugli adulti che, soprattutto, sui bambini. Sembra che ci sia una spiegazione scientifica per questo: i nostri occhi, per motivi legati alle primordiali necessità di sopravvivenza in ambienti ostili, sarebbero geneticamente programmati per seguire i movimenti, in modo da tenere continuamente sotto controllo l’ambiente circostante. Per questo motivo, qualsiasi video in funzione attrae la nostra attenzione persino se non siamo minimamente interessati a ciò che vi si svolge. Un’altra ragione di questo effetto calamita sembrerebbe essere la velocità con cui le immagini cambiano, che ci fa stare con gli occhi incollati allo schermo perché le informazioni si presentano ad una rapidità superiore a quella in cui i nostri occhi e cervello sono in grado di elaborarle.
Per quanto riguarda i videogiochi in particolare, sembra che bambini e adolescenti sperimentino una scarica di serotonina (il cosiddetto “ormone del buon umore”) quando riescono a raggiungere qualche traguardo online, sia che si tratti di vincere una partita, di avanzare di livello o, addirittura, quando il loro personaggio uccide qualcuno. Questa sensazione positiva, ovviamente, li porta a desiderare di continuare a giocare. In questo modo, generalmente, la loro abilità migliora e vincono di più ottenendo scariche di serotonina più frequenti… inutile che vi spieghi come questo porti ad una forma di dipendenza.
Non solo aspetti negativi
Non escludo che ci siano anche effetti positivi derivanti dall’utilizzo di questi dispositivi. Per esempio, giocare ai videogiochi favorisce, soprattutto nei più grandicelli, la prontezza di riflessi, la capacità di analizzare rapidamente una situazione problematica e altrettanto rapidamente trovare una soluzione. È anche vero che, durante il lockdown e la didattica a distanza, computer e tablet hanno permesso agli studenti di ogni fascia d’età di tenersi sufficientemente al passo con i programmi di studio, nonché in collegamento con compagni ed insegnanti. Le videochiamate hanno permesso alle famiglie separate dalla pandemia di tenersi in contatto e continuano a farlo, ad esempio, con i nonni che vivono lontani. E ci sono molte altre applicazioni utili e anche creative di queste tecnologie.
Questi aspetti positivi, però, non annullano quelle che sono delle conseguenze negative importanti dell’uso esagerato da parte dei bambini e dei ragazzi di smartphone, tablet e dispositivi video in generale.
Quali conseguenze negative?
Per cominciare, più tempo i vostri figli passano davanti ad uno schermo tanto meno fanno attività fisica. É una constatazione ovvia, ma le conseguenze sono serie: meno movimento significa meno calorie bruciate con il conseguente rischio di sovrappeso o addirittura obesità; non solo, meno i bambini si muovono più deboli diventano dal punto di vista muscolare con la conseguenza che si stancano più facilmente e sono ancora meno propensi a muoversi; inoltre, questa debolezza muscolare condiziona le loro abilità grosso-motorie, come il salto, la corsa, l’abilità di andare in bicicletta o di lanciare una palla e li porta ad assumere posture scorrette che in futuro potranno influire negativamente sulle loro abilità di coordinazione manuale più fine e sull’apprendimento dei movimenti corretti per raggiungere un buon livello grafico nella scrittura.
Il tempo impiegato nell’uso dei dispositivi elettronici non ha effetti solo sul fisico ma anche sul comportamento e sulle funzioni cerebrali dei bambini e dei ragazzi. Tanto per cominciare, si tratta di una fruizione per lo più passiva che non stimola e non prevede nessuna vera attività mentale, soprattutto quando parliamo di bambini molto piccoli. Inoltre, è stata osservata una correlazione tra il tempo passato da bambini e ragazzi davanti ad uno schermo e il calo di motivazione e concentrazione in qualsiasi tipo di attività o compito. Sembra anche che troppe ore impegnate nell’uso di dispositivi elettronici influenzino negativamente l’umore e il comportamento, portando bambini e ragazzi ad essere scontrosi, polemici e irrispettosi. Per certo, molti studi hanno rilevato una correlazione tra l’uso dei suddetti dispositivi e irritabilità, iperattività, difficoltà di attenzione, ritardo nell’apprendimento della lettura e scrittura. In particolare, nei bambini al di sotto dei tre anni anche ritardi nello sviluppo del linguaggio.
Per non dilungarmi troppo, ho fatto una veloce carrellata, neppure completa, dei possibili effetti negativi causati dal troppo tempo passato davanti ad uno schermo, quello che, con una pratica e sintetica espressione inglese, viene definito screen time. Esiste una vasta letteratura in materia, che riporta risultati di ricerche e pareri di eminenti studiosi, per chi fosse interessato ad approfondire. Ad esempio: https://www.auxologico.it/approfondimenti/sovraesposizione-bambini-schermi-tablet-smartphone
Cosa fare per evitare queste conseguenze deleterie?
Se quello che ho scritto in quest’articolo vi ha convinto o se eravate già preoccupati per il prolungarsi del tempo dedicato dai vostri figli ad ogni tipo di dispositivo elettronico, c’è una sola cosa da fare…. imporre una riduzione di questo tempo. Lo so, il problema è come farlo, come gestire le reazioni sicuramente non accomodanti e piacevoli dei vostri figli. Affronterò questo argomento in maniera dettagliata nell’articolo successivo, suddiviso per fasce d’età.
Non è certo mia intenzione scrivere un trattato sui vari metodi di rilassamento, la loro origine e i loro fondamenti teorici. Oltre che presuntuoso da parte mia, sarebbe inutile considerando i molti, ben più autorevoli ed esaustivi testi in circolazione sull’argomento. Invece, ci tengo a chiarire che l’impiego dell’una o dell’altra tecnica di rilassamento (a seconda del destinatario, della sua età e caratteristiche e dei suoi bisogni) è motivato non tanto o non solo dal desiderio o necessità, di lasciare andare le tensioni, riuscire a “staccare la spina” per un po’, insomma…rilassarsi, nell’accezione più comune del termine. Nonostante il termine rilassamento richiami alla mente qualsiasi pratica che possa favorire un certo senso di “dolce far niente” o di sollievo dalla tensione o dalla stanchezza (dall’ascoltare musica a fare un bagno caldo), una seduta e, soprattutto, un percorso di rilassamento è qualcosa che va ben al di là della soddisfazione di questa richiesta e che ha applicazioni molto più varie e con risultati duraturi nel tempo. Le tecniche di rilassamento a cui mi riferisco sono il risultato della ricerca e del perfezionamento da parte di esperti del settore e hanno una finalità terapeutica.
Iniziamo dalle applicazioni del rilassamento terapeutico nei bambini e negli adolescenti.
Esistono metodi di rilassamento appositamente studiati per essere utilizzati con loro a scopo terapeutico. Attraverso le sessioni di rilassamento si può ottenere, o quantomeno coadiuvare, la soluzione di problematiche di vario tipo: stati tensionali o ansiosi, iperattività, inibizione, instabilità, disgrafie, tic, … l’elenco potrebbe essere molto lungo. Il punto fondamentale da chiarire è che il rilassamento è uno strumento terapeutico per eccellenza, che trova le più varie applicazioni. Uno dei risultati più comuni di un ciclo di rilassamento è il superamento di insicurezze e/o paure: ad esempio, un ragazzino che, per timidezza o insicurezza, pur studiando, non riesce a dare il meglio durante le verifiche scolastiche, può arrivare a superare i blocchi che lo ostacolano nell’esprimere il suo potenziale attraverso una serie di sedute di rilassamento.
Per quanto riguarda gli adulti, le applicazioni terapeutiche possono essere le stesse, anche se i metodi di rilassamento adottati sono diversi. In particolare, per gli adulti, alcuni metodi di rilassamento, ad esempio il Training autogeno di Schultz, sono molto utilizzati per ottenere un miglioramento delle prestazioni sportive negli atleti o per aiutarli a superare ansie da prestazione e blocchi. Per quest’ultimo scopo sono anche apprezzati da artisti, come musicisti ed attori, che devono esibirsi in pubblico o da persone che si trovano a dover tenere discorsi di fronte a molte persone e si sentono assalire dal panico al solo pensiero.
Il lockdown che si è reso necessario in seguito alla pandemia da Covid-19 ha portato con sé conseguenze importanti anche sui bambini. L’esperienza costituisce per loro una parte importante del processo di apprendimento. Specialmente i più piccoli non hanno avuto in quest’ultimo anno e mezzo (quasi due, se considerati come anni scolastici) una normale continuità di contatto e comunicazione con i coetanei.
Per i bambini, soprattutto i più piccoli e specialmente quando si tratta di sentimenti ed emozioni, è molto più importante il linguaggio corporeo rispetto a quello verbale. Dalla mimica facciale alla gestualità, per non parlare del dialogo tonico che si attua attraverso il contatto corporeo, la tensione e il rilassamento muscolare, sono tutte modalità comunicative ed espressive delle quali, al di fuori del contesto strettamente famigliare, non hanno avuto molta esperienza in quest’ultimo periodo.
I più grandi sono in una fase più avanzata del loro sviluppo, hanno già accumulato un bagaglio di esperienze di gioco con i coetanei, di frequenza e routine scolastiche. Un bambino che all’inizio del lockdown era al primo anno della scuola dell’infanzia, invece, non ha potuto accumulare molte esperienze rispetto allo stare a scuola, all’adattamento a ritmi diversi, alla condivisione di spazi e materiali didattici con i compagni, al rispetto dei turni. Queste sono competenze sociali importanti per lo sviluppo della personalità di futuri adulti socialmente ben inseriti ed integrati.
Un altro elemento fondamentale della scuola è la regolarità della routine, che è molto importante: per esempio, per creare il senso dello spazio-tempo e fornire un contenimento rassicurante. É importante nelle prime fasi dello sviluppo, ma lo rimane per tutta l’infanzia. Oltre a questo, la possibilità di fare e interiorizzare nuove esperienze al di fuori del contesto famigliare, permette poi ai bambini di raccontarle. In questo modo, costruiscono, passo dopo passo, la loro storia personale come individui.
Il lockdown, oltre a privare i bambini di tutto questo, ha anche diminuito di molto le loro possibilità di movimento, di stare all’aria aperta; li ha deprivati dell’esperienza corporea. Nei bambini della fascia d’età approssimativamente tra i due e i quattro-cinque anni, tutto questo potrebbe aver prolungato i tempi di costruzione della loro memoria corporea.
Cos’è la memoria corporea? É la memoria implicita, procedurale, sensoriale, quella che richiede più tempo per consolidarsi, ma che, una volta consolidata, dura più a lungo. Per semplificare, è ciò che ci permette di apprendere e automatizzare abilità pratiche, come guidare, andare in bicicletta o nuotare. Anche se ci vuole parecchio tempo, una volta che le abbiamo fatte nostre, entrano a far parte della nostra memoria corporea e, anche dopo anni che non esercitiamo queste capacità, possiamo riprendere ad usarle senza bisogno di impararle di nuovo.
Ultimo aspetto, ma non certo per importanza, da considerare è che la mancata o spezzettata frequenza della scuola dell’infanzia ha privato i bambini della possibilità di fare attività di pregrafismo, così basilare per il successivo sviluppo delle abilità di scrittura.
Fortunatamente, non c’è niente di irreparabile. La ripresa della scuola in presenza e, si spera, la possibilità di allentare le misure di sicurezza, almeno tra bambini, offriranno loro nuove esperienze da interiorizzare e mettere a frutto. Inoltre, un equilibrato sviluppo sociale, cognitivo e motorio può anche essere stimolato e aiutato da sessioni di psicomotricità, specialmente se in piccoli gruppi.
Cosa propongo:
Percorsi di psicomotricità educativo-preventiva, in gruppi di 2-4 bambini, centrati sulle capacità di comunicazione, rispetto dei turni, alternanza e condivisione;
Sessioni di pregrafismo e/o grafomotricità, individuali o in piccoli gruppi;
La psicomotricità è la disciplina che si occupa degli equilibri tra corpo e mente, tra intenzione e atto, tra il mondo interiore delle emozioni e l’espressione corporea. Per la psicomotricità, ogni attività che coinvolge una persona è, allo stesso tempo, sia funzionale che affettivo-emozionale. Questo significa che, al di là della specifica funzione per cui un gesto, un movimento o un comportamento viene messo in atto (che sia per ottenere uno scopo, compiere un dovere o ricavarne divertimento e piacere), si tratta di un’esperienza che rimane nella storia personale ed è spinta da o esprime desideri, motivazioni, paure o altri condizionamenti emozionali, sociali e relazionali.
Il setting psicomotorio è uno spazio protetto, pensato per permettere una certa libertà di movimento, ma anche attrezzato con oggetti che possano fare da tramite tra il terapista e il soggetto in terapia, veicolando vissuti, sentimenti ed emozioni. Attraverso giochi ed attività motorie varie, ma anche permettendo una relazione significativa con un adulto empatico e disponibile emotivamente, lo psicomotricista può ottenere risultati importanti nell’aiutare il destinatario della terapia. Ad esempio, può rinforzarne le competenze cognitive, aiutandolo a superare eventuali difficoltà scolastiche; può influenzare positivamente i suoi vissuti (passati e presenti) e aumentare la sua autostima, favorendo la sua sicurezza di sé; fargli superare blocchi e paure; ridurre un suo eventuale stato d’ansia e aiutarlo a controllarlo o aiutarlo a migliorare il proprio autocontrollo, inibendo un’eccessiva impulsività o, addirittura, iperattività.
Proprio perché il setting psicomotorio è pensato ed organizzato per favorire e facilitare il più possibile l’espressione di sé, si adatta perfettamente anche ad un progetto educativo e preventivo, oltre che ad un intervento riabilitativo.
Per progetto educativo e preventivo si intende un percorso strutturato in modo da favorire e stimolare il naturale e corretto sviluppo di tutte le componenti cognitive, psicoaffettive e motorie del bambino, sostenendolo nella sua crescita e nella maturazione di tutte le sue potenzialità in modo armonico. Anche se tutto ciò avviene, normalmente, in modo naturale, far seguire al bambino un percorso di tipo psicomotorio educativo fa sì che questo processo naturale si sviluppi nel modo ottimale, favorendo al massimo la realizzazione di tutte le sue potenzialità e prevenendo eventuali difficoltà che potrebbe successivamente incontrare.
L’attuale situazione, pesantemente condizionata dalla pandemia in corso, ha costretto tutti noi a cambiare abitudini quotidiane e modalità di relazione. Questo ha decisamente influenzato molti settori lavorativi, non ultimi quelli relativi ad ogni genere di servizio e assistenza alle persone. Tra questi, anche la psicomotricità, sia sotto forma di intervento educativo che terapeutico, ha fortemente risentito delle drastiche limitazioni che questa terribile piaga ha portato nelle relazioni umane e nelle possibilità di vicinanza e contatto fisico. Questo non ha, però, impedito agli psicomotricisti di elaborare nuove forme di intervento e nuove modalità di approccio per poter continuare nella loro opera.
Anch’io, nel mio piccolo, ho elaborato nuove tecniche e nuove modalità per poter approntare dei percorsi online, che possono essere sia individuali che di gruppo, sia educativo-preventivi che terapeutici.
Per informazioni e appuntamenti, potete contattarmi al mio indirizzo email pedagogistapsicomotricista@gmail.com o tramite il modulo per i contatti.
Alcuni percorsi di psicomotricità possono avere luogo anche online, tramite videochiamata, soprattutto quando hanno scopo preventivo/educativo, ad esempio per favorire un corretto sviluppo psicomotorio. E’ possibile, sempre online, organizzare anche sessioni di gruppo. Naturalmente, data la varietà di situazioni ed esigenze, è necessario far precedere una conversazione telefonica per individuare bisogni e possibili risposte.
Anche le consulenze genitoriali possono svolgersi tramite videochiamata o al telefono.
Chi fosse interessato può inviare una email, attraverso il modulo della sezione “CONTATTI” o cliccando qui sotto, per concordare tempi e modalità.